Lo Spazio di Meteora
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Lo Spazio di Meteora

A te rivolgo, Astro della Vita, il mio rammarico per non esserti Luna.
Muoio al pensiero di non giacere, pari e ignaro ciottolo
alla stregua di semplice meteorite scaraventato sulla Terra
.
 
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 Rimorsi

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MessaggioTitolo: Rimorsi   Rimorsi Icon_minitimeVen 05 Nov 2010, 12:48 pm

Rimorsi


Del: sabato 07/02/2009 alle 10.09
Di: meteora
In: Saggistica Filosofia
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559 h 10,10 28.07.2007 Mn

Una notte insonne è quella che ho trascorso, benevola, non ha lasciato ferite. Ad un tratto deve essere successo perchè alle h 09,40 mi stavo svegliando, per meglio dire mi stavo alzando. Tutta la notte, mi levavo dal letto, facevo qualcosa e vi ritornavo un poco più stanco. Invano i miei sforzi continuavano senza riuscire a conciliarmi col sonno, e ne avevo in conto. Fin dopo le quattro questo dolce mio inferno. Ho persino tentato di destare un'amica ricordandole con un sms che aspettavo una cosa. La risposta al cellulare con sms mi chiamava nottambulo e mi diceva la cosa. Ma ciò che al risveglio cercava con forza di riportarmi più indietro era il quadro che si parava davanti al mio sguardo, ai miei sensi. Ero lì in quell'anfratto, non so bene perchè, sembravo ad un concorso.

Sembrava deserto quel posto forse sabbia o terra rossiccia lì intorno. L'attesa anche li si fece pesante, nel frattempo un pazzo urlava le sue ragioni come un santone, dopo aver effettuato un salto da una strada posta ad un livello più alto. Era coi trampoli, durante il salto pensavo si sarebbe ammazzato, invece no, sembrava avesse la forza degli spiriti. Continuava a brandire il messaggio anche quando le forze dell'ordine lo allontanarono.

Vidi poi un uomo, poi capii che poteva essere pakistano, era seduto in un'auto abbandonata , senza vetri, lì, come per riposare quella grande montagna di uomo che era. Mi allontanai da quel posto più tardi e vi ritornai successivamente, ma prima di allontanarmi sentii e vidi un uomo che avvicinatosi alla macchina insultava il pakistano invitandolo ad andarsene, gli diceva: “ehi pakistano torna al tuo paese, non c'è lavoro per te”, e guardando quelli che eravamo la attorno ci informava di quanti titoli avesse quell'uomo di colore, lo straniero. Parlava con cognizione diverse lingue compresa la nostra, era un ingegnere con esperienze lavorative e significative anche in Italia, tutto questo ed altro ci fu detto dal provocatore che continuava la sua arringa stando ad un metro dalla macchina. Lo insultava e gesticolava con le mani al suo indirizzo senza mai dare la sensazione di volerlo toccare.

Questi chiamato dall'altro Mustafà, abbozzava un sorriso come per dire “mi dai delle colpe che non ho”, ascoltava e col dito in alto faceva segno di no, no, no. Li lasciai in quello stato, forse chiamato a quel colloquio quale poteva essere la prova del concorso, sta di fatto che mi allontanai.

Quando tornai lo spettacolo a cui potei assistere era raccapricciante, quelle due persone si oltraggiavano non più solo con le parole e i gesti ma con gli sputi. La macchina faceva schifo a vederla, Mustafà era sudato di sputi, di insulti e di odio. Il provocatore era arrivato allo stremo, non aveva più la forza di sputare, proferiva ancora qualche piccolo vocabolo incomprensibile, aveva la bocca impastata, le labbra contornate di croste di bava, anche lui sudato di sputi ricevuti.

Ora quando sputavano diveniva una finta, ad un tratto Mustafà riuscì a sputare di nuovo. Al che il provocatore rivolgendosi a noi che eravamo li, io e un altro, ci invitava a prendere atto che Mustafà non si limitava alla finta, lui sputava ancora. Io tra me dissi “solo perchè a te manca la saliva”.

Non glielo dissi, invece lo guardai in viso, era una maschera, si vedeva che non aveva sporca l'anima. Gli misi la mano sulla spalla e gli chiesi:”perchè”?Mi rispose:”perchè non c'è lavoro ne per lui ne per me”. Feci ad entrambi una doccia versando loro addosso dei secchi d'acqua, volevo levargli tutto quello sporco, erano troppo belli sotto. Non so chi mi diede la forza di sollevare quei secchi, loro si erano avvicinati, Mustafà scese dalla macchina per quella pulizia, entrambi a testa bassa sembrava volessero uccidere con la loro umiltà quelli che si erano dimostrati poco prima.

Ognuno mise il proprio braccio sulla spalla dell'altro, un cenno di saluto, si voltarono e si incamminarono insieme. Che fatica per i miei occhi descrivere queste foto, perchè questo sono state dal mio risveglio e ancora non riesco a staccarmene con una commozione totale.

h 11,33 28.07.2007 Mn

Chi ha orecchie per, intenda, ascolti e rifletta.

“A te, che le virgole non son concesse, perdono, per i tuoi regali”. grazie Meteora

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